L’era della plastica e la Giornata Mondiale degli Oceani
La Giornata Mondiale degli Oceani ci ricorda che quella in cui stiamo vivendo sarà probabilmente ricordata come l’era della plastica. Applicando lo stesso principio con cui le culture antiche sono state identificate sulla base del materiale dominante, oggi tale associazione avverrebbe con la plastica, l’elemento più diffuso e maggiormente caratterizzante la nostra economia moderna. L’uso sconsiderato della plastica, leggera, economica e versatile, sta causando un inquinamento di proporzioni planetarie.
Gli oceani, che ricoprono oltre il 70% della superficie terrestre e costituiscono il 97% dell’acqua presente sul pianeta, sono i più colpiti da questa forma di inquinamento. Gli imballaggi in plastica raccolti dopo l’utilizzo vengono riciclati per il 40,9%, il 20,3% finisce in discarica e il 38,8% viene utilizzato per il recupero di energia. Ma non tutta la plastica prodotta viene raccolta e correttamente differenziata, una parte viene dispersa nell'ambiente.
Ogni anno nel mondo 8 milioni di tonnellate di rifiuti finiscono in mare, di cui il 75% è rappresentato da oggetti di plastica. Dobbiamo vincere la corsa contro il tempo per salvare le acque marine dalla devastazione che noi stessi stiamo provocando. Arrestare questo processo è doveroso e ognuno di noi può dare il proprio contributo anche attraverso semplici azioni quotidiane.
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Azioni per ridurre la plastica
Un’interessante iniziativa è quella recentemente promossa dalla Unicoop di Firenze. Consente ai pescherecci di riportare a riva i rifiuti plastici recuperati nelle reti senza l’aggravio economico dello smaltimento come rifiuto speciale. Il progetto è sostenuto con parte dei ricavi della vendita delle buste biodegradabili nei reparti ortofrutta e dalla regione Toscana. Permette di agire concretamente nella pulizia del mare, rimuovendo sacchetti di plastica e rifiuti di ogni tipo, lungo tutta la costa tirrenica. Nel Mar Tirreno circa il 95% dei rifiuti galleggianti avvistati è costituito da oggetti di plastica. Nel Mediterraneo galleggiano 500 tonnellate di rifiuti plastici, di cui il 30% è di origine domestica.Come ridurre la plastica nel quotidiano
[table id=9 /]Le conseguenze dell'aumento di CO2 negli oceani
Ma c’è un altro fenomeno che sta facendo ammalare gli oceani, forse meno evidente rispetto alle isole di plastica, ma non meno pericoloso. Le crescenti emissioni di anidride carbonica nell'atmosfera, oltre ad essere una delle cause principali dell'aumento delle temperature a livello globale, stanno influenzando anche gli equilibri degli ecosistemi marini. Gli oceani assorbono il 25% della CO2 rilasciata nell'atmosfera. Questo fenomeno da un lato contribuisce a rallentare le conseguenze dell'effetto serra, dall'altro rende le acque più acide, con gravi conseguenze per le barriere coralline. Quest'ultime costituiscono uno degli ecosistemi più ricchi di specie dell'intero pianeta, e per molti organismi marini che necessitano del carbonato di calcio per la costruzione dello scheletro e del guscio, come i crostacei e i molluschi. Il cambiamento climatico sta surriscaldamento gli oceani con forti conseguenze sulla biodiversità della vita marina. Nell’ultimo secolo la temperatura superficiale media dei mari è aumentata di circa 0,9°C.Arrestare il degrado ambientale
Tra gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 dell’ONU ce n’è uno dedicato alla vita sott’acqua. Prevede la conservazione degli oceani, dei mari e delle risorse marine per uno sviluppo sostenibile. E’ giunto il tempo di scegliere se continuare sulla strada percorsa negli ultimi decenni oppure muoversi con nuove strategie per arrestare il degrado ambientale e fare dietrofront, perché non esiste un pianeta di scorta. Evitare con ogni mezzo di compromettere ulteriormente l’ecosistema della Terra è l’unica possibilità che abbiamo per garantire alle generazioni future un mondo più pulito e vivibile di quello attuale. Scopri come dire addio per sempre all'acqua in bottiglia >>Continua a leggere
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