Che cos’è la qualità dell’acqua?
La qualità può essere definita come la rispondenza ad un riferimento, ad una normativa alla quale un determinato prodotto deve sottostare, nel caso specifico dell’acqua destinata al consumo umano lo standard è rappresentato dal Decreto Legislativo 31/2001 (Attuazione della direttiva 98/83/CE), che deve essere soddisfatto da un’acqua per essere definita potabile. Tale decreto prevede che le caratteristiche di un’acqua siano definite dal soddisfacimento di 54 parametri: 2 “microbiologici”, 28 “chimici” (elementi indesiderabili e tossici, per i quali sono fissati limiti imperativi di concentrazione), 21 “indicatori” (elementi per i quali sono stabiliti valori consigliati che non dovrebbero superati) e 3 di “radioattività”. Dal punto di vista legislativo, quindi, un’acqua è considerata di qualità se soddisfa dei canoni, condivisi a livello comunitario, di natura igienico-sanitaria. Tali parametri riguardano gli aspetti microbiologici e chimico fisici, una buona acqua da bere infatti deve essere sicura, ovvero non contenere microrganismi o sostanze in grado di nuocere alla salute umana.
Questa è la qualità “razionale” del prodotto, che può essere definita tale in quanto misurabile. Tuttavia la qualità complessiva di un’acqua è determinata anche da altri aspetti. Per chi si occupa professionalmente di problemi energetici e del territorio la qualità di un’acqua è legata all’incidenza ambientale, ovvero al consumo di risorse materiali, di energia e di produzione di rifiuti; un aspetto che è particolarmente critico per le acque in bottiglia a causa del notevole impatto ambientale richiesto dalla produzione dei contenitori in plastica, dal loro smaltimento e dal trasporto a distanza dell’acqua confezionata.
Anche le acque di acquedotto hanno un impatto ambientale, seppur diverso e minore rispetto a quelle in bottiglia, esso è dovuto ai materiali di rifiuto che si producono nei trattamenti di potabilizzazione, ai reagenti chimici utilizzati, all’energia richiesta dagli impianti e dalle perdite idriche che avvengono lungo la rete di distribuzione.
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I parametri organolettici dell’acqua
Per il consumatore la qualità di un’acqua è un qualcosa di ancora diverso, l’acqua da bere deve essere “buona”, gradevole, senza sapori e odori estranei. Un concetto tanto semplice da essere ovvio. Ed è proprio questa la principale criticità che viene evidenziata all’acqua di acquedotto, sicura dal punto di vista sanitario ma troppo spesso carente nei caratteri organolettici.
Il sapore di cloro che arriva nostro rubinetto, se da una parte significa purezza microbiologica, dall’altra rappresenta il principale motivo di rifiuto per molti cittadini, che optano per l’acquisto di acqua in bottiglia o per un impianto di trattamento domestico dell’acqua potabile.
Ma il gestore non può garantire sempre e comunque una qualità organolettica impeccabile dell’acqua erogata sino al rubinetto, per vari motivi. Innanzitutto perché la responsabilità dell’acquedotto termina al contatore e da quel punto in avanti ci possono essere svariati motivi di alterazione della qualità, come la presenza di vasche, impianti di trattamento centralizzati, tubature vecchie, ecc. Per questo motivo la legge stabilisce che alcuni parametri di natura non strettamente sanitaria, in particolare quelli riguardanti i caratteri organolettici, ovvero odore, sapore, colore e torbidità, siano “accettabili per i consumatori e senza variazioni anomale”.
Il concetto di purezza dell’acqua
Una moderna e articolata visione della qualità dell’acqua non può quindi limitarsi all’esclusivo rispetto di parametri igienisti, non va dimenticato l’impatto ambientale e si dovrebbe porre più attenzione al miglioramento dei parametri organolettici, che sono poi il metro di misura del consumatore finale. L’acqua migliore in assoluto non esiste, essendo lo stesso fabbisogno idrico funzione delle differenti esigenze fisiologiche di ciascuno di noi, esistono però acque migliori di altre. Sicuramente sono di maggiore qualità le acque che, oltre a soddisfare i parametri sanitari, hanno il minore impatto ambientale e si avvicinano al comune concetto di “purezza”, un concetto che il consumatore finale associa all’assenza di qualsiasi sostanza estranea in grado di essere percepita organoletticamente nell’acqua.
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