Ben noto è l’impatto ambientale causato dalla plastica. Le risorse idriche sono le più colpite, in particolare gli oceani, basti pensare che ogni anno finiscono nelle loro acque 8 milioni di tonnellate di rifiuti di cui il 75% è costituito da plastica[1].
[1] National Geographic
[2] A.L. Lusher, M. McHugh, R. C. Thompson, Marine Pollution Bulletin, 2013, vol 67, Iusses 1-2, pages 94-99
[3] D. Yang, H. Shi, L. Li, J. Li, K. Jabeen, P. Kolandhasamy, Environ. Sci. Technol., 2015, 49 (22), pp 13622–13627
[4] Synthetic polymer contamination in bottled water - Sherri A. Mason, Victoria Welch, Joseph Neratko - State University of New York at Fredonia, Department of Geology & Environmental Sciences, 2018
[5] Anthropogenic contamination of tap water, beer, and sea salt – Mary Kosuth, SherriA.Mason, ElizabethV.Wattenberg – PLoSONE13(4):e0194970, aprile 2018
[6] Microplastiche rilasciate dai lavaggi dei tessuti sintetici: innovazione e divulgazione - Emilia di Pace, relazione presentata al Festival dell’Innovazione in Sanità Pubblica, Pisa 25-28 ottobre 2017
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La plastica nella catena alimentare
Un fenomeno che ha causato la formazione nell’Oceano Pacifico di una discarica fluttuante chiamata Great Pacific Garbage Patch (Grande chiazza di rifiuti del Pacifico) vasta quanto il Canada, costituita da pezzi di plastica che l’erosione meccanica dell’acqua e del vento, unita all’azione della radiazione solare, hanno sminuzzato in piccoli frammenti galleggianti. Una “zuppa” non biodegradabile che costituisce un grande pericolo per gli uccelli marini che si nutrono sulla superficie del mare e, naturalmente, per i pesci che si cibano di questa brodaglia sintetica scambiandola per cibo, con pericolose ripercussioni sulla catena alimentare. Un esame su 504 pesci pescati nel Canale della Manica ha mostrato che il 36,5% conteneva microplastiche nel tratto gastrointestinale[2], mentre i ricercatori di due Università di Shangai[3] analizzando 15 marche di sale marino da tavola in commercio hanno riscontrato la presenza di 600 microplastiche/kg.L'acqua e le microplastiche
Negli ultimi anni l’attenzione dei ricercatori si è focalizzata sulle conseguenze che le microplastiche e le nanoplastiche possono avere sulla salute umana e sono ormai molti gli studi che evidenziano un fenomeno meno lampante rispetto a quello ambientale, ma forse ancor più pericoloso in quanto può avere effetti diretti sulla salute dei consumatori attraverso l’acqua da bere: la presenza di microframmenti plastici sia nelle acque confezionate in bottiglia che in quelle distribuite dagli acquedotti. Un recente studio[4] condotto da ricercatori americani su undici marchi di acqua in bottiglia provenienti da tutto il mondo, acquistati in diciannove località di nove paesi diversi, ha mostrato che il 93% delle bottiglie analizzate era contaminato da microplastica, di diversa natura e con differenti dimensioni. Il polipropilene, utilizzato per realizzare tappi di plastica, è risultato il materiale più presente nei campioni analizzati, seguito dal nylon. Per quanto riguarda le dimensioni sono state ritrovate particelle con dimensioni variabili da 6,5 a oltre 100 micron.Le microplastiche nell'acqua di rete
Purtroppo anche l’acqua di rete non è esente da questo problema. Un’indagine effettuata su scala mondiale riguardante l'inquinamento di microplastica nell'acqua di rubinetto[5] ha mostrato nell’81% dei campioni analizzati la presenza media di 5,45 particelle/litro, per la stragrande maggioranza costituite da fibre sottilissime e con lunghezza compresa tra 0,1 e 5 mm. La ricerca ha evidenziato anche dei risultati significativamente diversi per i paesi industrializzati e quelli in via di sviluppo, un risultato sorprendente che ha mostrato come i paesi più avanzati, nonostante siano in possesso di migliori sistemi di smaltimento dei rifiuti urbani e di filtrazione dell’acqua, sono quelli con una maggiore densità di microplastiche nelle acque distribuite in rete. Molteplici sono le fonti di rilascio di microplastiche, che andando a finire nell’ambiente contaminano le risorse idriche, comprese quelle destinate all’uso potabile. Recentemente il Consiglio Nazionale delle Ricerche ha presentato una relazione[6] in cui si evidenzia che anche la semplice e insospettabile operazione di lavaggio dei tessuti sintetici contribuisce in maniera sostanziale a questa forma di inquinamento. La plastica è stata inventata, prodotta, usata e buttata nell’ambiente per anni. A pensarci bene quindi non ci si dovrebbe stupire del degrado che l’uomo stesso ha generato, ma preoccuparsi sì. Per la salute del pianeta e per la nostra. Gli studi dimostrano che, a livello mondiale, la stragrande maggioranza delle acque destinate all’alimentazione è contaminata da microplastiche.Microplastiche e salute
Ma la cosa ancora più grave è che non si conoscono ancora esattamente i pericoli associati al bioaccumulo di queste sostanze nell’organismo umano. Quello che si sa invece con certezza è che le materie plastiche sono idrofobiche e in grado di adsorbire una vasta gamma di inquinanti dall'ambiente, compresi molti agenti tossici e cancerogeni, inoltre la plastica può trattenere metalli e favorire lo sviluppo e il trasporto di microrganismi fornendo loro un habitat ideale. La diffusione ubiquitaria delle microplastiche nell’ambiente e gli interrogativi associati ai loro effetti sulla salute umana motivano la crescente preoccupazione per questi contaminanti emergenti, tanto che la comunità europea, con la nuova direttiva sulle acque destinate al consumo umano, richiede che tale parametro venga introdotto tra quelli da monitorare regolarmente. L’acqua è un elemento/alimento indispensabile per la vita dell’uomo, la cui assunzione va pertanto favorita. E' altrettanto importante migliorarne la qualità per ridurre al minimo la presenza di sostanze estranee potenzialmente pericolose.Come ridurre le microplastiche nell'acqua da bere
Le microplastiche possono essere presenti nelle acque degli acquedotti come fibre, sottili e allungate, oppure come piccolissimi frammenti, in ogni caso con dimensioni non inferiori a 2,5 micron. E' possibile eliminare la loro presenza al rubinetto con l’adozione di adeguati impianti di trattamento al punto d’uso. Premesso che il problema va affrontato all’origine, contrastando la presenza ambientale di macro e microplastiche, il consumatore può tutelarsi a casa propria installando un sistema di filtrazione in grado di trattenere anche le più piccole microplastiche.Gli erogatori per l'acqua da bere al punto d'uso
Il trattamento dell’acqua al punto d’uso rappresenta la vera alternativa per bere bene e in tutta sicurezza. Culligan, azienda leader del settore, dispone di soluzioni e per il trattamento delle acque a 360°, tra i quali gli erogatori per uso domestico e gli erogatori per le aziende e la ristorazione, muniti di sistemi filtranti che consentono di migliorare le caratteristiche organolettiche dell’acqua e che rimuovono efficacemente la stragrande maggioranza delle sostanze indesiderabili e dei microinquinanti presenti, comprese le microplastiche.Inquinante emergente | Tecnologia | Soluzione Culligan |
Microplastiche | Microfiltrazione/carbone attivo:grado di filtrazione 0,1 - 1 micron | Culligan Total Defense System |
Ultrafiltrazione:grado di filtrazione 0,01 - 0,1 micron | Culligan Pure | |
Osmosi inversa:grado di filtrazione ≤ 0,001 micron | AC SlimAC Advanced |
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